Famiglia, lavoro, casa, volontariato. Impegni così intensi che per gestirli tutti insieme servirebbero giornate più lunghe o addirittura i poteri di un supereroe. Come organizzare la vita di tutti i giorni dedicandosi contemporaneamente a più attività e dando sempre il massimo per ciascuna? Ce lo raccontano Anna, Pea e Silvia, tre volontarie della nostra Fondazione impegnate rispettivamente nei laboratori di Lecce, Pescara e San Giovanni Rotondo.
Volere è potere.
“C’è sempre tanto da fare, ma parto sempre dal principio che volere è potere. Per diverso tempo ho desiderato far parte della Fondazione, perciò ho aspettato che i miei figli fossero un po’ più grandi e ora condivido con loro le esperienze del laboratorio: i miei racconti li emozionano, il laboratorio ormai coinvolge tutta la famiglia”. Anna è volontaria a Lecce presso l’Ospedale Vito Fazzi, una passione che porta con sé anche dopo le ore di ceramico-terapia. “Partecipare al laboratorio mi gratifica tantissimo: poter dare senza ricevere, anche se in realtà si riceve tantissimo, è un qualcosa che riesco a trasmettere anche al resto della famiglia. L’ambiente in cui operiamo fa riflettere parecchio e ridimensiona i problemi della quotidianità che possono sembrare insormontabili. I miei figli spesso mi dicono: - mamma invidiamo la tua forza nello stare là! -. Anche loro hanno capito l’importanza di quello che facciamo e mi rispettano molto. Spesso dalle donne si pretende e basta, la donna deve fare tutto. Fortunatamente le cose stanno piano piano cambiando”.
Il valore delle donne.
La maggior parte dei nostri volontari è costituita da donne, ciascuna con la sua storia, ciascuna con i propri progetti e sogni nel cassetto: le donne sono un valore aggiunto che arricchisce enormemente le ore di laboratorio: “Essere donne è sicuramente un plus: c’è più empatia con le mamme dei bimbi, si crea un rapporto di fiducia. I genitori dei piccoli ci vedono come figure materne e si affidano a noi nel momento in cui si vogliono rilassare”, racconta Silvia, del laboratorio di San Giovanni Rotondo. “Questo non significa però che il ruolo del volontario uomo non sia altrettanto fondamentale, soprattutto nell’interazione con gli adolescenti. Gli uomini condividono interessi e passioni che aiutano i ragazzi ad aprirsi di più e vivere il laboratorio con serenità. Tutto dipende da noi, dalla nostra empatia, dalla nostra predisposizione, a prescindere dall’essere uomo o donna. Certo è che essere mamma, lavoratrice e volontaria, incoraggia di più a stabilire una connessione molto forte con le mamme dei bimbi. Pensare alle sofferenze che stanno affrontando mi rende più dolce anche con i miei figli, mi arrabbio meno, cerco di costruire con loro un dialogo: il volontariato ti cambia nel profondo e ti fa capire che le cose importanti nella vita sono altre”.
Come conciliare più ruoli?
“A volte può essere faticoso far conciliare tutto: come tutte le mamme lavoratrici, anche io faccio i salti mortali per arrivare a fine giornata” dice Pea, volontaria a Pescara presso
l’Ospedale Santo Spirito. “L’approccio al laboratorio per me è piuttosto particolare: sono un medico e, diversi anni fa, abbiamo avuto un paziente oncologico in famiglia, perciò è inevitabile non immedesimarsi nella situazione. In più, l’essere donna e mamma, semplifica l’approccio con le mamme dei bimbi, con cui condividiamo valori, preoccupazioni, ma anche conoscenze e idee. È naturale che tra donne ci si capisca meglio, abbiamo una sensibilità tutta nostra, un bagaglio emotivo grande,
un’esplosione di sentimenti comuni. Nonostante le difficoltà della quotidianità sento di essere una donna molto fortunata, i problemi veri sono altri e ho capito che nella vita ci vuole un po’ più di leggerezza”.